RIFLESSIONI SULL’INGLESE – Lingua parlata e lingua scritta

di ROBERTO CASIRAGHI

Chi impara una lingua estera, spesso non si rende conto del fatto che all’interno di una data lingua, in realtà, le “lingue” da imparare sono almeno due: la lingua parlata e la lingua scritta (intendendosi per lingua scritta tutto ciò che, in uno scritto, non è realtà romanzata o commedia).

Ognuna di queste due “lingue” ha caratteristiche grammaticali, sintattiche e lessicali profondamente diverse al punto che chi pensa di imparare la lingua semplicemente basandosi su una sola delle due varietà si troverà presto o tardi a imbattersi in difficoltà che genereranno frustrazione.

Per esempio, nella lingua scritta, tipica della scienza, della saggistica ma anche delle notizie di giornale, i pronomi personali utilizzati sono solo due: la terza persona singolare e la terza persona plurale. In inglese scritto, quindi, troveremo he, she, it e they ma non troveremo, se non nelle citazioni, i pronomi I e you. A livello di tempi verbali, riscontreremo un uso abbondante di moltissimi tempi ma la relativa assenza delle forme progressive di questi tempi (he was going to…, he is being used, he will be writing…) perché nel linguaggio scritto non vi sono quasi mai riferimenti temporali ad eventi che stanno avvenendo in tempo reale.

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RIFLESSIONI SULL’INGLESE – Lo pseudo-inglese

by ROBERTO CASIRAGHI

Alcuni giorni fa una nostra lettrice ci ha chiesto un parere sull’utilizzo dell’espressione baby consumers che riteneva essere un’espressione trasferita di peso, come tante altre, dalla lingua inglese alla nostra lingua.

Purtroppo abbiamo dovuto sorprenderla, rivelandole che baby consumers non è affatto un’espressione della lingua inglese, come si può documentare istantaneamente inserendo in Google le parole baby consumers o baby consumer. I pochissimi risultati che escono si riferiscono a siti italiani e, comunque, non inglesi o americani!

Anche una più approfondita ricerca su siti di dizionari inglesi ci conferma che ad onta delle apparenze si tratta di un modo di dire del tutto estraneo alla cultura angloamericana. E la ragione per cui è estraneo è che per noi italiani baby consumers identifica una fascia di consumatori piccolissimi ma comunque in grado di effettuare delle scelte autonome (diciamo bambini dai 5 ai 12 anni).

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