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Tradurre al computer
Articolo di Veronica Villa, pubblicato su English4Life n. 5   
 
WITH A VERY BIG THANK YOU FROM THE ENGLISH GRATIS TEAM!


In questo articolo Veronica Villa analizza gli strumenti che l'informatica mette a disposizione del traduttore professionista per semplificargli decisamente la vita.

Da quando l’informatica è entrata nelle nostre vite, sentiamo spesso parlare dei traduttori automatici al punto che l’espressione ci suona ormai molto familiare. Eppure la maggior parte di noi non ne ha mai usato uno, o, se lo ha usato, lo ha trovato decisamente deludente e poco utile. In effetti il mondo della traduzione automatizzata appare affascinante, ma è ancora lontano dalla nostra vita quotidiana. Mentre altri strumenti informatici sono già disponibili subito e risultano utilissimi a chi fa il mestiere di traduttore.

I programmi di spell and grammar check.

Oggi i principali word processor, i programmi che usiamo per scrivere al computer, includono spell and grammar check tools, cioè strumenti che ci segnalano eventuali errori di ortografia, sintassi e morfologia. Questi programmi sono in grado di confrontare la parole che scriviamo con il loro dizionario interno, e ci consigliano su eventuali errori e alternative. In generale i programmi di spell check, che correggono l’ortografia, lo spelling delle parole, sono oggi decisamente affidabili, e risultano particolarmente utili per correggere i classici errori di battitura, quando si scrive in inglese come anche in italiano.

Il diffuso Microsoft Word include questo tipo di strumenti per molte lingue, compreso l’italiano, l’inglese e il tedesco, solo può essere necessario dotarsi della libreria necessaria (un file di solito disponibile nel cd di installazione di MSOffice).

Invece, i programmi di grammar check, che segnalano errori di sintassi e morfologia, sono meno affidabili, a causa dell’ovvia difficoltà delle speculazioni necessarie a stabilire i tipi grammaticali delle parole e le connessioni logiche tra le parti della frase. Questi programmi, a loro volta già integrati nei più comuni pacchetti da ufficio, possono essere comunque utili come supporto alla scrittura. Naturalmente l’abbondante presenza in rete di dizionari gratuiti, rintracciabili per mezzo dei motori di ricerca, e la possibilità di acquistare le versioni su cd dei più diffusi dizionari tradizionali sono un ulteriore supporto che l’informatica oggi offre al traduttore.

Le “memorie di traduzione”

Per quanto riguarda l’ormai indispensabile supporto informatico ai traduttori, sono oggi disponibili diversi programmi professionali.

Il traduttore che si occupa di testi brevi e slegati tra di loro può non avvertire la necessità di particolari aiuti a parte il classico word processor, magari dotato degli strumenti di spell check descritti sopra. Ma quando si tratta di affrontare la traduzione di corposi manuali tecnici e dei loro aggiornamenti periodici, o una ampia documentazione relativa ad un particolare cliente, o ancora testi accomunati dallo stesso linguaggio specialistico, si rendono necessari strumenti che permettano di riutilizzare le traduzioni già effettuate per ottenere suggerimenti sulla terminologia o anche per recuperare rapidamente parti di testo identiche e quindi immediatamente riciclabili. Si tratta dei programmi di translation memory, memorie di traduzione, che permettono di archiviare testi per costruire database relativi ad un certo argomento o ad un certo cliente, da utilizzare poi come riferimento per le traduzioni successive.

Questo risulta particolarmente utile per affrontare il problema della consistency, quando cioè è necessario utilizzare la stessa terminologia usata in precedenza, per esempio durante l’aggiornamento di un manuale. Non si tratta in alcun caso di traduttori automatici, come si potrebbe essere portati a credere. In effetti questi programmi sono in grado di richiamare stralci di traduzioni precedenti, di suggerire termini, ma non possono tradurre autonomamente le frasi. I programmi di questo genere più diffusi sono lo svizzero Trados (www.trados.com), usato dai traduttori liberi professionisti e da molte agenzie e l’italiano Mneme, che è un software proprietario del gruppo Logos (www.logos.it), quindi fornito soltanto ai suoi collaboratori. Altri programmi interessanti, come Corel Catalyst (www.corel.com), sono specializzati nell’ambito della software localization, vale a dire la traduzione delle interfacce dei programmi, che nascono in genere in inglese e devono poi essere adattate per la vendita nei paesi non anglofoni. Questi sono in grado di isolare dai file sorgenti del software originale le stringhe da tradurre, fornendo anche riferimenti sullo scopo della stringa e suggerimenti ottenuti da una eventuale memoria di traduzione interna. Questi programmi si rivolgono ai traduttori specialisti del settore informatico, ma sono relativamente comprensibili ed utilizzabili anche da parte di traduttori che si accostano per la prima volta a questo ambito.

I traduttori automatici.

Sotto il nome di “traduttore” sono commercializzati oggi sia i veri e propri traduttori automatici, che ricevono in input il testo originale e lo elaborano autonomamente per restituire in output la traduzione richiesta, sia prodotti che si limitano a tradurre singole parole o espressioni idiomatiche tramite dizionari e glossari specifici. Questi ultimi non sono dunque veri e propri traduttori automatici, ma possono risultare di estrema utilità per tutti, soprattutto perché il disporre di un buon dizionario con cui lavorare direttamente sul PC può in molte situazioni rendere il lavoro di scrittura e traduzione estremamente agevole. Prodotti di questo tipo sono Babylon (www.babylon.com, che dispone di risorse per diverse lingue ed è consultabile in rete) e Planet Gate Trio (pacchettizzato dalla società modenese Expert System, www.expertsystem.it, solo per italiano-inglese).

I traduttori automatici veri e propri si basano su dizionari, motori di analisi grammaticale e logica e regole di traduzione. A volte si può ricavare l’effetto che traducano parola per parola senza considerazioni grammaticali, ma in realtà i prodotti oggi in commercio sono relativamente sofisticati nel valutare le frasi sia dal punto di vista morfologico che sintattico.

Quello che si propongono oggi questi programmi è tradurre al meglio i testi, fornendone il senso generale, una buona scelta del lessico e una certa accuratezza nella gestione delle espressioni idiomatiche.

Le combinazioni linguistiche sono le più varie, ma nel nostro caso l’attenzione si concentra ovviamente su italiano e inglese. Per esempio, il motore di ricerca sul Web Google (www.google.com) mette a disposizione gratuitamente, oltre a funzioni per scegliere la lingua dei siti da ricercare, un’interfaccia per tradurre testi inseriti dall’utente, e la funzione translate this page che traduce la pagina indicata facendo apparire il testo tradotto all’interno della grafica originale.

Anche il motore di ricerca Altavista (www.altavista.com) fornisce un prodotto simile, con risultati pressoché identici. I motori di ricerca, insomma, per aggiungere sempre qualcosa di nuovo alla propria offerta, si sono rapidamente dotati di questi programmi, non tanto con la pretesa di fornire traduzioni perfette, ma con l’intento di aprire il campo alla possibilità, anche solo teorica, di rendere accessibili a più persone i contenuti della rete.

I problemi dei traduttori automatici

Purtroppo questi prodotti per la traduzione automatica, come anche altri disponibili pacchettizzati per MS Word (come Nuovissimo Traduttore commercializzato dalla milanese Systems, www.systems.it, o PeTra della Pisana Synthema, www.synthema.it), soffrono di limiti evidenti, nella qualità della sintassi delle frasi, nella scelta del lessico, nella gestione delle espressioni idiomatiche, al punto da compromettere l’utilità effettiva del risultato. In effetti le traduzioni ottenute possono a volte mantenere il senso originale, ma difficilmente sono affidabili quando si scende nei dettagli.

Questo accade fondamentalmente per due ragioni, la prima contingente e la seconda più ampia.

La ragione contingente, che sarà probabilmente risolta in parte nei prossimi anni, riguarda la difficoltà di collegamento automatico tra due grammatiche che si basano su concezioni decisamente differenti. Che si decida di utilizzare un metalinguaggio, una sorta di comune denominatore grammaticale, o di affrontare entrambe le lingue secondo l’approccio grammaticale di una delle due, si ottiene comunque una perdita di informazioni, una approssimazione, e dunque una traduzione non paragonabile a quella umana. In effetti la lingua, sviluppata secondo le esigenze e le specificità del cervello umano, richiede abilità che i software, o almeno i software di oggi, non sono in grado di riprodurre o simulare.

Per esempio le scelte lessicali spesso non sono determinate dalla grammatica, ma dal sistema semantico che acquisiamo con l’esperienza. Le reti semantiche, i semantic net informatici che collegano tra loro i termini secondo le loro connessioni di significato, si propongono come risposta a queste difficoltà, ma evidentemente la loro applicazione deve ancora essere studiata a lungo.

La ragione più ampia delle difficoltà di questi programmi riguarda un fatto che spesso non è correttamente percepito da chi si accosta alla traduzione automatica, ma che è ben noto a chi studia teoria della traduzione: tradurre non consiste nel trasferire in un’altra lingua la struttura grammaticale di una frase, ma nel trasferirne il significato, che a sua volta è un complesso di grammatica, semantica e cultura.

Spesso una buona traduzione rivoluziona completamente la frase di partenza, perché in certi casi solo così è possibile trasferire il significato intatto. Una buona competenza della lingua, come può possederla un essere umano che la padroneggia, non si ferma alla conoscenza delle strutture grammaticali e delle parole, ma si perfeziona nella conoscenza di un modo di pensare e di vedere il mondo. Se vogliamo dunque utilizzare con profitto i traduttori automatici dobbiamo essere consapevoli che i risultati non possono essere paragonati alla traduzione umana, si tratta infatti di qualcosa di diverso, per certi versi pionieristico, in fieri, che può comunque rivelarsi interessante e utile.

Per chi è utile la traduzione automatica

Chi può trarre vantaggio da questi prodotti oggi? Chi non conosce affatto la lingua di un testo, per ottenere una traduzione che promuova una comprensione altrimenti impossibile. Chi ha necessità di tradurre una immensa mole di testi per accedere ad informazioni che non sarebbe fisicamente possibile tradurre altrimenti. Il principiante che vuole farsi un’idea del contenuto di un testo, magari per “sgrossarlo”, tradurre i termini, e procedere poi da solo nella traduzione.

Bisogna ammettere che il panorama attuale forse non è così esaltante come le logiche e le promesse del mercato vorrebbero farci credere. Eppure questi programmi hanno il grande pregio di essere davvero ambiziosi nell’indagare un campo nuovo ed evidentemente arduo.

Il motore di ricerca Altavista ha battezzato il suo traduttore Babel Fish, pesce di Babele, citando a ragione il romanzo di culto The Hitchhiker’s Guide to the Galaxy (Guida galattica per autostoppisti) del britannico Douglas Adams. Il pesce di Babele è un piccolo pesce alieno che inserito nell’orecchio permette di comprendere tutti gli idiomi della Galassia. È una prospettiva grandiosa, certo infinitamente lontana dalla nostra realtà, ma è una prospettiva presente nella mente di molti ricercatori e sviluppatori, che forse oggi ci fanno sorridere con traduzioni stentate, ma che certo non mancheranno di stupirci in un futuro forse non troppo lontano.





 

 


 

 
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